Come oramai accade da anni, le dichiarazioni dei politici sono da talk show, ne prendiamo atto, ciò che a noi interessa è la realtà o quanto e come essa possa essere manipolata ad arte.
ISTAT con il suo “report” PIL e indebitamento anni 2022-2024 indica:
- Il Deficit su Pil, è stato pari a -3,4%, a fronte del -7,2 % nel 2023.
- Il Debito su PIL è in crescita nel 2024 sul 2023, passa da 134,6% a 135,3%.
- Il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 2.192.182 milioni di euro correnti, crescita dello 0,7% rispetto al 2023 in volume.
In precedenza ISTAT aveva indicato sotto il profilo “probabilistico” la crescita PIL 2024 dello 0,5%, e da ciò considerato il debito che aveva sfondato la soglia di 3.000 miliardi avevamo pubblicato l’articolo post in cui si dava una nostra stima in proiezione dei dati macroeconomici del 2024.

La nostra previsione macro è confermata, il Deficit su PIL si è pressochè dimezzato da un anno con l’altro, mentre il Debito su PIL è cresciuto. Un effetto tanto straordinario quanto falso, il cui risultato deriva dalla errata classificazione e contabilizzazione dei crediti di imposta trasferibili di cui al “Superbonus”, da Istat classificati pagabili e rendicontati nelle specifiche annualità di generazione e non in quelle successive di compensazione, tipiche per i crediti non pagabili. Una vera e propria elusione dell’apicale regolamento europeo ESA/SEC2010 e del Manuale MGDD22 di Eurostat.
Ma c’è un altro elemento che merita di essere considerato; il MEF ha effettuato una sorta di ri-acquisto di uno stock di debito 2024 per circa 38 miliardi, proprio per contenere il Debito su PIL, ma nonostante la “recumpra” tale l’indice macroeconomico è cresciuto mentre l’andamento del deficit su PIL è in controtendenza. Sotto il profilo macroeconomico siamo di fronte a due indici che si “muovono” contronatura, proprio perché essi sono parto di una eclatante alchimia dei conti pubblici.
L’aver ridotto in un anno di oltre la metà il rapporto deficit su PIL (7,2% nel 2023 e 3,4% nel 2024) dovrebbe indurre al “sospetto” sia Eurostat che gli economisti italiani ed europei, ma pare che essi se ne vogliano stare ben lontani dal dichiarare il proprio stupore o sospetto per ciò che sta accadendo di tanto eclatante.
Per contenere la cresicta del rapporto Debito su PIL, come sopra detto, il MEF ha ri-acquistato circa 38 miliardi di debito pubblico 2024, nel senso che ha “giocato” con la riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro, e chiaramente tale riduzione di cash disponibile si è riflettuto negativamente sulla manovra economica 2025 (finanziaria) riducendone gli spazi di investimento, manovra già azzoppata dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, fasulla anch’essa per il motivo che il deficit su PIL 2023 si attesta in verità al 3,7% circa anziché al 7,2% dichiarato, proprio per via della errata e falsa classificazione e rendicontazione di 90 miliardi circa di crediti di imposta “superbonus” generati nel 2023 e in tale annualità inseriti a deficit.
Un ulteriore dato merita di essere evidenziato. Il settore costruzioni si connota storicamente per essere il motore di sviluppo economico del Paese – il detto calzane “l’edilizia traina l’economia” – in effetti il moltiplicatore fiscale è stimato da Istat e Ance nel 2010 in 3,374. Il Governo ha cancellato il superbonus nella sua più importante essenza, cioè la moneta fiscale, tant’è che il settore costruzioni in un solo anno è precipitato dal +6,9% al +1,2%, un crollo del 5,7% su base annua, e si connota un dato con segno più per la cosiddetta coda opere superbonus e marginalmente per l’effetto PNRR mortificato dalla inerzia di un esecutivo (Governo) che si dimostra essere indifferente a favorire la crescita socio economica del Paese e forse impreparato a gestire l’economia italiana.
Alla prossima
Vladimir Keynes
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