Di Giampaolo Zanaboni
In questo post analizzo i dati della manovra economica dell’anno scorso, 2024, con quella di quest’anno, 2025; il tutto lo metto a confronto con il rapporto della Corte dei Conti, che ogni anno ci delizia coi suoi graziosi rapporti sul bilancio dello Stato, che dovrebbero suggerire a tutti, popolo ed esimie autorità, le opportune considerazioni per quanto riguarda i “dubbi di compatibilità con i principi contabili di veridicità, attendibilità, correttezza e trasparenza” che, come gentilmente ci ricorda la Corte, emergono ogni anno quando i magistrati contabili si immergono nella lettura dei dati consolidati del bilancio pubblico, confrontandoli con le stime e previsioni che il governo propone nei documenti relativi alla manovra di bilancio.
Infatti, come tutti sanno ( ma forse non lo sa nessuno; in tal caso lo ricordo in queste misere righe), una cosa sono le previsioni del governo messe nero su bianco nei documenti della manovra di bilancio, mentre ben altra cosa sono i dati consolidati che emergono successivamente, ad anno fiscale chiuso, in cui la Corte dei Conti ficca il naso nei conti, per l’appunto: e lì emergono le eventuali discordanze tra le cifre proposte e previste dal governo, e la dura realtà.
In questo post mi limito ad analizzare pochi dati, questi:
– il PIL previsto nel 2024 nella NADEF 2023, che era di 2.130,50 miliardi di euro.
– il PIL indicato per l’anno 2024 nel DPFP 2025, che è di 2.199,62 miliardi di euro.
Già qui sembra ci sia una buona notizia: le previsioni effettuate a suo tempo dal governo per l’anno 2024 per quanto riguarda il PIL mostrano una crescita di 69,12 miliardi (2.199,62 – 2.130,50), il che non è per niente male. Anzi, si tratterebbe di un’ottima notizia, per la quale il governo ha manifestato grande soddisfazione, per cui le agenzie di rating hanno migliorato sensibilmente le loro valutazioni.
Tuttavia, il governo è l’oste, e chiedere all’oste se il vino è buono, ovvero leggere i suoi documenti, sappiamo che la risposta potrebbe non essere del tutto coerente con la realtà.
Infatti, lo scopo dei magistrati contabili della Corte dei Conti è per l’appunto quello di verificare la qualità del vino, ovvero la corrispondenza delle previsioni del governo con i dati effettivi presenti nei conti dello Stato l’anno successivo, dopo la chiusura dell’anno fiscale, quando, se la matematica non è un’opinione, si dovrebbero rilevare sostanziali conferme delle previsioni del governo, oppure altro.
Ebbene, questi sono i numeri rilevati dalla Corte dei Conti nel cosiddetto “magazzino fiscale”, ovvero quel “bidone” contenente le imposte e tasse che i cittadini contribuenti e soggetti fiscali che avrebbero dovuto versare fin dal lontano anno 2000, ma che invece non l’hanno fatto (maledetti evasori caini!):
– alla fine dell’anno fiscale 2023 il magazzino fiscale ammontava a 1.294,19 miliardi di euro.
– alla fine dell’anno fiscale 2024 il magazzino fiscale ammontava a 1.365,47 miliardi di euro.
La differenza tra 1.365,47 e 1.294,19 fa 71,28 miliardi, che, guarda caso ( e che caso!), è quasi esattamente uguale a ciò che il governo ci ha gentilmente esposto nei documenti relativi alla manovra di bilancio (NADEF prima, e successivamente DPFP) per l’anno 2024, che era di 69,12 miliardi. 71,28 miliardi sono un po’ di più, ma, com’è noto, “abbondandis in abbondandum”, come diceva Totò.
La giustificazione di tali discrepanze è sempre stata quella che esiste l’evasione ed elusione fiscale, per cui si genera la differenza tra i dati del governo e quelli della Corte dei Conti. Tuttavia, come ho esposto in altri post, il problema maggiore è dato dal sistema fiscale, per cui è previsto che il contribuente debba versare acconti sulle imposte dovute, che però non è assolutamente detto che un’impresa abbia tale sviluppo economico. Infatti ogni anno ci sono fior di sgravi per indebito e quote annullate, per imposte previste, ma non reali, non effettivamente dovute, ovvero relative a previsioni del governo errate, che immancabilmente i “coperchi” della Corte dei Conti rilevano sulle “pentole” del governo, cosa che emerge nella dura realtà del cosiddetto “magazzino fiscale”.
CONCLUSIONE
È da decenni che i vari governi, destri o sinistri che siano, ci rifilano previsioni sui conti pubblici che immancabilmente non trovano riscontro nella realtà, per cui la Corte dei Conti con altrettanta puntualità ci espone i suoi “dubbi di compatibilità con i principi contabili di veridicità, attendibilità, correttezza e trasparenza” che devono risultare in qualunque bilancio contabile, a maggior ragione su quello pubblico.
I magistrati contabili parlano di semplici dubbi di fronte a un iceberg di 1365 miliardi di euro. Dubbi! La galera, altro che dubbi!
Anche quest’anno le rosee previsioni del governo sono finite nel magazzino fiscale, quell’inferno contabile che viene usato per camuffare le prese per i fondelli contabili di ultradecennale memoria, ai danni dei conti dello Stato, e sono certo che anche le previsioni di quest’anno faranno la stessa fine, salvo peggiorare, cosa di cui sono altrettanto sicuro che avverrà.
Come si fa a rimediare a uno scempio simile? Come può certa gente andare a letto e dormire con la coscienza tranquilla, e la mattina successiva guardarsi allo specchio e non pensare a questi numeri, e all’inferno contabile che rappresentano?
In foto Giampaolo Zanaboni



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